La visita guidata agli Scavi di Ercolano, la città, che ebbe lo stesso destino di Pompei delle ville di Stabia e Oplonti.
Un forte boato improvviso, interruppe la vita quotidiana della città il 24 ottobre del 79 d.C
Ercolano ritrovata, per caso, nel 1709 a seguito degli scavi per la realizzazione di un pozzo nella Villa del principe D’Elboeuf. Durante queste prime estrazioni, vennero alla luce marmi e statue, riferibili alle decorazioni del Teatro dell’antica città.
Solo nel 1738 per volere di re Carlo III di Borbone, si diede inizio alle prime esplorazioni sistematiche. Attraverso una rete di pozzi e cunicoli che permettevano di superare i circa 20 metri di interro vulcanico per raggiungere il piano dell’antica città.
La direzione del cantiere affidata all’ingegnere militare spagnolo De Alcubierre che ritrovò è la statua di Marco Nonio Balbo. Invece, Weber completò l’esplorazione del Teatro e la Villa dei Papiri, con la sua biblioteca. Grazie a tutte queste scoperte ed ad altre che si susseguivano, nacque l’accademia Ercolanense. Molto attiva soprattutto con le pubblicazioni delle scoperte, fino al 1792.
I lavori di scavo per la durezza del fango vulcanico e la difficoltà di scavare gallerie, si interruppero molte volte. Infatti, bisognerà aspettare il 1927 per avere una ripresa sistematica degli scavi, grazie ad Amedeo Maiuri prima e Alfonso De Franciscis poi.
A questo punto è importante sottolineare la differenza tra Pompei ed Ercolano. Pompei seppellita da cenere e lapilli, materiali più facili e più leggeri da estrarre. Pompei più lontana dal Vesuvio rispetto ad Ercolano, non subì il collasso del pino vulcanico. Una colonna, di gas e materiali vulcanici, alta più di 15 chilometri si generò dal cratere del Vesuvio.
La colonna di gas esaurita la sua forza, cadde su se stessa. Questa caduta generò i c.d. flussi piroclastici, valanghe di cenere, che precipitano ad altissima velocità ed altissima temperatura.
Non le ceneri, né la lava: sono i flussi piroclastici il fenomeno vulcanico più letale. Sono responsabili di più del 50% delle vittime delle eruzioni: una delle prime memorie storiche l’eruzione che ha decimato la popolazione di Pompei ed Ercolano.
Ad uccidere sono il calore e la velocità distruttiva, che a volte supera i 700 km/h. I flussi piroclastici, ad Ercolano, uniti al vapore acque generatori dal calore, danno vita ad una colata di fango che sigilla la città con circa 20 metri di fango che hanno consentito una conservazione più integra della città.
Gli scavi hanno riportato riportato alla luce quasi tutti i quartieri dell’antica città, con gli edifici pubblici, mentre parte della zona del Foro è quasi del tutto, ancora interrata. Il Foro non segue il tradizionale schema delle piazze rettangolari romane. Si tratta di una zona dove era vietato l’accesso ai carri, divisa in due da un arco, in pratica, nella sua parte orientale si svolgevano le attività civiche, mentre nella parte occidentale, si svolgevano le attività economiche.
Il foro è da sempre considerato, il luogo, nelle città antiche, centro della vita sociale, politica ed economica.
Scoperte: negli anni ottanta del novecento tempio di Venere; terme Suburbane e l’antico porto greco, dove invano si rifugiarono nel 79 d.C. gli ercolanensi. Ritrovati sulla spiaggia adiacente al porto centoventi cadaveri.
Amedeo Maiuri – Ercolano è un luogo della memoria, città minore e diversa rispetto a Pompei; ma non per questo meno importante, con la sua fisionomia urbanistica, con la sua civiltà, e quel che più importa, il suo volto umano.”
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